Arrivo al Museo dell’Ara Pacis a Roma e il mio primo incontro dal vivo Domon Ken (1909-1990). il maestro assoluto del realismo sociale in Giappone, un icona nel suo paese, è stata di un emozione unica ed ha tanto da raccontarci in un viaggio continuo, uno spunto di riflessione sulle reali necessità umane. Per la prima volta fuori dai confini del Giappone, una straordinaria mostra retrospettiva organizzata da MondoMostre, dedicata ad uno degli artisti più importanti della storia della fotografia moderna.
Assume quasi il tono di una sfida parlare di un artista la cui attività artistica è nata più di 90 anni fa, sia per la vastità degli interessi sull’umanità che per la straordinaria varietà di risultati da lui raggiunti in quei fecondi anni di ricerca e studio, quasi antropologici della sua fotografia. Quello che ci ha lasciato come bagaglio culturale è unico.
Entrando nelle sale espositive del museo si possono ammirare i suoi scatti. Ci iniziano subito a parlare, sono racconti di vita vissuta, moderni che anticipano cosi tanto i nostri tempi. Nei suoi scatti si possono ammirare tanti esseri umani… semplici, spontanei, pieni di vitalità, con sguardi intensi…e quel bianco nero cosi travolgente, materico e tridimensionale.
Domon Ken amava l’umanità, il suo popolo e l’essere umano anche il più umile nella sua semplicità, voleva esprime la sua verità e rivelarla attraverso i suoi occhi. Sicuramente il suo percorso esistenziale ed artistico ha camminato su binari non propriamente canonici, visto le difficoltà della fotografia e del suo tempo. Ha dovuto imparare molto presto a fare i conti con l’esistenza e le tragedie da lui raccontate, e questo inevitabilmente ha lasciato un segno anche nella nostra storia della fotografia.
Il maestro ha fotografato cinquant’anni molto importanti della vita del Giappone, da prima della II grande guerra mondiale sino ai cambiamenti postumi con le sue importanze sociali, vivendola quasi come una sfida, senza alcuna mediazione. Guardando le sue opere e tutto il passato, si vede come ha influenzato il suo modo di fare arte. Ci ha raccontato la sua fotografia, presa in pieno petto e spesso controvento ma in modo passionale, come quando rivelò al mondo attraverso i suoi scatti la tragedia di Hiroshima denunciando in modo non convenzionale e cercando sempre la verità, come un dovere, anche contro tutti. Per sua capacità di raccontarci l’essere umano, fu soprannominato “Il Cartier-Bresson Giapponese”.
Amava i ritratti, perché attraverso l’essere umano scopriamo il suo vissuto. Un’esplorazione nel quotidiano: l’occhio dell’artista ruba emozioni particolari descrivendo come i vari aspetti della vita vengano vissuti attraverso prospettive differenti. Un viaggio antropologico-sociale, un’incessante riflessione sulle reali necessità dell’uomo e su quale sia la vera essenza del suo esistere.
Amava il bianco/nero perché attraverso questa tecnica le fotografie si sentono, con poco colore a distrarre l’occhio, e si possono immaginare tante cose, e andare oltre, entrare dentro la foto e vivere quel momento.
Incontriamo alla mostra il maestro fotografo Ushio Kido: allievo del maestro Domon Ken dall’età di 18 anni, aveva iniziato a frequentare la scuola di fotografia ma la lasciò per andar a studio dal maestro e questi lo prese con lui. Il maestro aveva già 50 anni, lo seguiva dappertutto, è stato il suo mentore. Ci racconta: “Domon Ken è stato un maestro unico, molto generoso, mi ha insegnato la “Dignità degli uomini.”
Quella Dignità umana la scopriamo e la ritroviamo negli occhi di chi ha fotografato il grande maestro.
Domon Ken fece una mostra a Tokyo nel 1951 con i maestri della fotografia del ‘900 come Henry Cartier-Bresson, Robert Doisneau e Brassai. Nel 2003, a Sakata, città Natale del maestro fotografo è nato il primo museo giapponese dedicato al maestro.
La mostra al Museo dell’Ara Pacis di Roma fino al 18 settembre 2016 curata dalla professoressa Rossella Menegazzo, docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale all’Università degli Studi di Milano e dal Maestro Takeshi Fujimori, direttore artistico del Ken Domon Museum of Photography. In mostra troverete 150 opere, in bianco e nero e a colori, realizzate tra gli anni trenta e gli anni Settanta del ‘900. Il catalogo della mostra, edito da Skira, è il primo libro su Domon Ken non in giapponese. Una visione completa del lavoro del maestro giapponese, che con i suoi scatti, insieme a quello di altre grandi personalità del mondo nipponico, ha dato avvio a quel rinnovamento culturale del Giappone.
Domon Ken. Il Maestro del realismo giapponese a Roma
dal 27 maggio al 18 settembre 2016
Museo dell’Ara Pacis
Lungotevere in Augusta. Roma
Aperto tutti i giorni 9.30-19.30
La biglietteria chiude un’ora prima
La mostra è promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con il supporto del Bunkacho, Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone e della Japan Foundation. Organizzata da MondoMostre con Zètema Progetto Cultura.
L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Ken Domon Museum of Photography di Sakata e la città di Sakata, con la partecipazione dello sponsor Nikon, marchio da sempre legato a Domon Ken e dello sponsor tecnico Fujifilm che ha curato la stampa delle foto.
La mostra si inserisce nel vasto programma di eventi che rappresenteranno il mondo culturale e tecnologico del Giappone in Italia per tutto il 2016, in occasione del 150° anniversario del primo Trattato di Amicizia e Commercio firmato il 1866, tra Italia e Giappone.
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E’ curatrice indipendente, art Advisor e consulente di marketing management culturale internazionale. Da oltre 20 anni e progettista culturale di eventi legati all’arte contemporanea con una particolare attenzione a spazi inconsueti, e alle interazioni con altre arti. Come project manager ha un’approfondita conoscenza dei diversi processi implicati nella pianificazione, coordinamento ed attività per grandi eventi dall’organizzazione, curatela, ricerca, alla redazione testi e cataloghi. Ha creato e curato oltre 50 rassegne, mostre personali e collettive, installazioni ed interventi in spazi pubblici in Italia.