Hiperico è un cantautore di stanza a Roma attivo dagli anni Novanta con il suo nome di battesimo, Enrico Pezza. “Nove” è il primo disco che realizza con questo nickname ed è nato in un periodo in cui ha vissuto in Spagna, alle Canarie, sull’isola di Fuerteventura, lontano dalla vita metropolitana e dalle dinamiche sempre più frenetiche del mercato musicale. Quasi tutti i brani del disco sono stati concepiti durante delle session nel deserto di roccia tra Lajares ed El Cotillo, con dei collaboratori (in primi la sua compagna Mira) che, come lui erano immersi nel silenzio di quel paesaggio rotto solo dal vento. Dopo questi cinque anni all’estero, Hiperico è tornato in Italia per rimettersi in gioco con questo “Nove”, che vede Sante Rutigliano come produttore artistico e Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues tra gli ospiti. Tra folk, elettronica e un’estetica indie, “Nove”, anticipato dai singoli “Ci libereremo” e “Stare senza”, è un disco composto da nove brani, uno per ogni anno in cui Hiperico è stato lontano dalle sale di registrazione ma sempre e comunque vicino alla musica, come tuttora. Rome Central l’ha intervistato per scoprire qualcosa in più sul suo percorso e su questo disco.
Sappiamo che fai musica dagli anni ’90 ma poco altro. Prima del progetto Hiperico, con chi e cosa suonavi?
Ho cominciato a suonare la chitarra acustica e a cantare i miei brani dal vivo nel 1998. Durante le molte serate live ho conosciuto mano a mano i musicisti che mi hanno accompagnato nel mio primo progetto da cantautore fino a incidere e suonare dal vivo l’album “A mani nude” (2009) con il mio nome e cognome: Enrico Pezza. Con il brano “Sabato d’occidente” ho vinto il concorso nazionale di poesia “Guido Gozzano”.
Che rapporto hai con Roma? L’hai lasciata per andare a vivere su un’isola semi-desertica ma ora ci sei tornato: come è cambiata rispetto alle tue esigenze?
Odio e amore. Dovendo tornare a vivere a Roma abbiamo pensato che la soluzione meno traumatica fosse vivere vicino a un parco provando a sostituire il blu dell’oceano col verde e devo dire che sta funzionando. La città, per quanto mi riguarda, non è sostanzialmente cambiata. Roma è una città abbastanza “immobile” nei suoi pregi e nei suoi difetti ed è forse anche per questo che rimane sempre un punto di riferimento. E infatti, parafrasando Remo Remotti: “Mamma Roma: arieccome!!!”.
Passiamo al disco: come collochi “Nove” rispetto alla scena cantautorale romana che sta vivendo un periodo di gloria?
Sono contento che la scena italiana, e in particolare quella romana, si sia un bel po’ sollevata rispetto a qualche anno fa, ma in tutta sincerità io e Mira, la mia compagna e bassista del disco, cerchiamo di comporre musica senza pensare a dove possa essere collocata. Comunque trovo che “Nove” sia un lavoro in linea con la produzione indie sia italiana sia estera…
Tra le collaborazioni del disco spiccano quelle con Sante Rutigliano, tuo produttore artistico, e Cesare Petulicchio, batterista dei Bud Spencer Blues Explosion. Come sono nate?
Sono nate molto tempo fa, come dicevo, nelle serate live di fine anni ’90 e inizi 2000. Io, Sante e Cesare abbiamo suonato in giro per l’Italia le mie canzoni dal vivo per diversi anni. Collaboriamo ancora, ma soprattutto ci vediamo spesso e siamo grandi amici.
Quali sono altri artisti con cui ti piacerebbe collaborare?
Sarebbe talmente lungo l’elenco… mi piace moltissimo collaborare e sperimentare. Farei prima a scrivere con chi non vorrei collaborare, ma non è nel mio stile.
Cosa ne pensi dei talent show? Negli anni ’90 ancora non esistevano in questi termini, eppure oggi danno speranze a molti musicisti…
Non mi piace il concetto di gara, competizione, soprattutto nel campo dell’ arte, però riconosco che per alcuni sono, sono stati e saranno un ottimo trampolino di lancio e una vetrina importante.
Come ti trovi in quest’epoca di sovrapproduzione musicale, in cui ogni giorno escono tantissimi singoli, video e ogni settimana altrettanti album? Tu, per esempio, oggi che i dischi “muoiono” in fretta, stai già lavorando a nuova musica?
Il fermento artistico è sempre benvenuto, quindi sono contento di poter ascoltare i tanti giovani artisti che condividono la propria musica. Io e la mia compagna non smettiamo mai di fare musica, ce ne occupiamo quotidianamente, è una nostra esigenza esistenziale… abbiamo un paio di progetti paralleli “in costruzione”, ma per ora non voglio anticipare nulla.
Per finire: come saranno i tuoi live e in quali locali della capitale ti piacerebbe suonare dal vivo le tue nuove canzoni?
I live saranno impostati in maniera diversa e in base alle esigenze e ai limiti dei club. Ho suonato in quasi tutti i live club della capitale e adesso, con questo progetto, non vedo l’ora di ricominciare.
Jimmy Rabbitte, figlio di un fanatico di Elvis è nato a Dublino nel 1970. Laureato in sociologia, da sempre appassionato di musica, si diletta tra piccole band e collaborazioni giornalistiche. Vive a Roma da più di 15 anni e non si perde un concerto da San Lorenzo a Testaccio, dal Pigneto a Portonaccio.