“La notte di Helver” è un dramma in un unico atto di Ingmar Villqist (pseudonimo norvegese di Jaroslaw Swierszcz, nato nel 1960 a Chorzów) – drammaturgo polacco, regista e docente universitario. L’Autore ambientò la storia in una località della Finlandia, all’inizio degli anni ‘30, agli albori della nascita del nazismo, ma in realtà questa vicenda potrebbe svolgersi ovunque nel mondo sia in corso una guerra e viga una dittatura.
Replicato più volte al Teatro Abarico, con la regia di Mariagiovanna Rosati Hansen e con gli interpreti Miriam Spera e Patryck Pawlak “La notte di Helver” è parte di un progetto di scambio culturale tra Italia e Polonia, organizzato dall’Istituto Teatrale Europeo (I.T.E.), patrocinato dall’Istituto Polacco e dal II Municipio di Roma. Ed è tornato un’ultima volta in scena nel medesimo teatro con la stessa regista e gli stessi interpreti il 13, il 14 e il 15 novembre 2015.
Il dramma racconta la storia di due oppressi, il minorato psichico Helver e la madre putativa Carla, che nasconde un tragico passato. Helver vive il clima di guerra come un avvincente gioco a cui vuole partecipare, inconsapevole di poter essere una vittima di soprusi e violenze da parte dei sostenitori del regime che lui tanto ammira (in particolare uno che considera suo amico e di cui decanta le gesta, Gilbert).
Attraverso i racconti ingenui ed entusiasti di Helver, Carla percepisce l’oscuro pericolo delle rappresaglie naziste e teme che ben presto Gilbert e quelli come lui potrebbero portarle via il ragazzo e consegnarlo ad un destino di persecuzione e morte. Tuttavia con amore e pazienza infinita Carla, anche se estenuata dalla frenetica vitalità di Helver, cerca di assecondarlo nelle sue fantasie e nei suoi giochi, per non turbare la sua mente già così fragile. Ma il pericolo del linciaggio diventa sempre più concreto e Carla tenta tutto il possibile per salvare Helver: lo veste come un soldato per mimetizzarlo tra gli altri, gli riempie lo zaino di provviste e gli consegna una lettera per il responsabile di una clinica che lei conosce e di cui si fida, presso cui il ragazzo sarebbe al sicuro. Istruisce Helver sul tragitto che porta alla stazione del paese, dove potrà prendere il treno che lo condurrà in salvo. Ma questa strategia non avrà successo: Helver torna ben presto da Carla malconcio e spaventato, insultato e percosso da Gilbert e dai suoi uomini. A questo punto la disperazione suggerisce alla donna l’estrema soluzione, celata dietro la rassicurante modalità del gioco. Proponendo ad Helver di realizzare delle costruzioni con le sue tante pillole colorate, gli procura una dolce eutanasia, risparmiandogli l’orrore della deportazione.
I due interpreti incantano il pubblico rappresentando i propri personaggi ed il loro vissuto con una prossemica e delle intenzioni, mai false e sopra le righe. Patryck Pawlak ci emoziona con il suo Helver dagli occhioni vivaci e le mani sempre febbrilmente contratte: con la sua straordinaria fisicità, con ogni singolo gesto ed intonazione racconta alla perfezione il mondo interiore di questo eterno bambino. Straordinaria anche Miriam Spera nel rivelarci pian piano, in un crescendo emotivo continuo, i laceranti conflitti del suo personaggio.
Ma la vera sfida di questo spettacolo è quella di consentire ad un dramma così forte di infrangere perfino le barriere linguistiche. Infatti abbiamo un attore polacco ed un’attrice italiana che recitano nella propria lingua, ma che non solo comunicano alla perfezione tra loro ogni singola emozione, ma la
trasmettono al pubblico, coinvolgendolo pienamente e trascinandolo nella loro storia. Due mondi, due solitudini, differenti persino nella lingua, si incontrano e consumano la propria tragedia all’interno di una casa che li isola e li protegge da un mondo spesso insensibile e crudele (il dramma infatti si svolge tutto all’interno di una modesta sala da pranzo e la vita all’esterno viene rappresentata solo da minacciosi rumori). Così l’ostacolo linguistico diventa un’efficace risorsa drammaturgica che esalta maggiormente la natura esclusiva del rapporto che lega i due protagonisti. Carla risulta l’unica capace di comprendere e codificare per lo spettatore quello che Helver vuole esprimere. Tuttavia la morte, seppure pietosa, scioglierà questo legame intessuto di un irrazionale ma profondissimo amore, capace di andare oltre tutto, persino oltre le parole.
Regia
Mariagiovanna Rosati Hansencon:
Miriam Spera e Patryck Pawlackprodotto dall’Istituto Teatrale Europeo
DOVE:
Teatro Abarico, via dei Sabelli, 116 Roma
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Insegnante di lettere, autrice e regista teatrale, appassionata da sempre del palcoscenico, ama anche essere spettatrice a volte e scrivere di teatro, per far conoscere a tutti gli spettacoli più belli e i talenti emergenti che calcano le scene romane.
Nata il 15 giugno del 1972 in provincia di Bari , dopo gli studi classici si laurea in lettere classiche. Dopo la laurea consegue un master in comunicazione e mass media presso l’Università “Cesare Alfieri” di Firenze ed in seguito segue un corso presso Mediaset in sceneggiatura. A partire dal 1999 Lavora a Roma presso alcune società di produzione di fiction tv come la Lux Vide e per Rai due come consulente editoriale free-lance story editor assistant e Ufficio Stampa.
Nel 2005 sceglie di intraprendere un’altra strada. Dopo un corso di specializzazione diventa insegnante di lettere e attualmente lavora nella scuola pubblica come tale. In questi anni tuttavia non abbandona la sua vera grande passione: il teatro. Dal 2005 al 2014 recita, dirige e scrive spettacoli con un piccolo gruppo teatrale romano amatoriale I Ricercati o come solista, ma sempre in veri teatri romani, tra i quali il teatro Agorà, il teatro dell’Orologio e il Piccolo Eliseo.