Si è presentato pochi giorni fa a Roma presso il Macro -Museo d’Arte Contemporanea Roma, il libro “Piero Manzoni e Roma” di Raffaella Perna, pubblicato nella collana Pesci rossi di Electa, è il quinto volume della serie speciale dedicata alla figura di Piero Manzoni, realizzata in collaborazione con la Fondazione Piero Manzoni. Presenta l’autrice Raffaella Perna con gli interventi di Claudio Crescentini, curatore e storico dell’arte del MACRO, Federica Pirani, Responsabile Servizio Mostre Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Claudio Zambianchi, Professore di Storia dell’Arte Contemporanea, Sapienza Università di Roma.

Questa volta si parla di uno dei protagonisti indiscussi dell’arte contemporanea del ‘900 Piero Manzoni. Milanese, si circondava di tanti amici artisti come Lucio Fontana ad esempio, con cui spesso si trattenevano nel loro bar preferito, il famoso Bar Jamaica, per prendere un caffè ma non solo, anche per brindare ai successi delle opere d’arte di Piero, apprezzate dagli amici. Quando lavorava non usava semplicemente tela, pennello e colori. Piero Manzoni a disegnato metri e metri di linea e poi li ha chiusi in rotoli di cartone, a volte le misurava a volte riusciva a farle infinite. Famosi sono i suoi Achromes, opere lavorate con stoffe, cotone, o usato semplicemente la tela, lo stesso materiale di base del quadro, lavorandola, aggrinzendola tutta, lasciandola in bianco. Tutte le composizioni sono poi dipinte con il caolino che conferisce il tipico aspetto bianco ingessato alle opere di Manzoni, il processo delle opere avviene da sé, è autosufficiente. L’opera più geniale, che l’ha reso famosissimo, e protagonista: l’innominabile è la “merda d’artista”. Non sappiamo esattamente cosa ci sta in quelle scatolette, ma Piero Manzoni lì dentro non ha messo solo la sua merda, ma l’idea! E nessuno mai lo aveva fatto prima. Per questo e non solo è oggi nei musei d’arte contemporanea, ma fa parte di grosse collezioni private e pubbliche e viene studiato ancora.

Intervista breve all’autrice Raffaella Perna e il suo libro su Piero Manzoni e Roma…

1) Come nasce il libro Piero Manzoni e Roma?

Sono stata invitata dalla curatrice della Fondazione Piero Manzoni, Rosalia Pasqualino Di Marineo, a intervenire al convegno su Manzoni tenutosi nel novembre del 2014 a Palazzo Reale a Milano. In quell’occasione ho presentato un primo contributo sui rapporti tra Manzoni e l’ambiente artistico romano tra la fine degli anni ’50 e i ’60, in linea con i miei precedenti studi sulla Scuola di Piazza del Popolo. Da lì è nata l’idea di approfondire le ricerche e di pubblicare un volume nella collana Pesci Rossi di Electa, nella serie speciale dedicata alla figura di Manzoni, realizzata in stretta collaborazione con la Fondazione.

2) Mi puoi descrivere il suo modo di pensare in 3 espressioni?

Posso risponderti citando 3 frasi scritte da Manzoni, che riassumono il suo pensiero e soprattutto fanno comprendere il suo spessore culturale fuori dal comune: “Non c’è nulla da dire: c’è solo da essere, c’è solo da vivere”; “Perché non liberare questa superficie? Perché non cercare di scoprire il significato illimitato di uno spazio totale, di una luce pura ed assoluta?”; “Non ci si stacca dalla terra correndo e saltando, servono le ali”.

3) Da sempre esiste uno stretto rapporto tra Arte e l’idea creativa? In che modo Manzoni lo sviluppava?

Manzoni esplorava soluzioni smaterializzate e performative, caratterizzate dall’attenzione verso il corpo e il coinvolgimento diretto del pubblico. L’effrazione dei confini tra arte ed esistenza quotidiana e l’interesse per i processi organici e fisiologici sono elementi essenziali di molti suoi lavori, dai Corpi d’aria, alle Sculture viventi alla Merda d’artista.

4) L’opera d’arte spesso viene descritta come un prodotto dell’irrazionalità umana, risultato di emotività priva di regole, secondo lei?

Su questo punto Manzoni si è espresso molto chiaramente nel 1957, quando, nel manifesto L’arte non è vera creazione, firmato con Ettore Sordini e Angelo Verga, afferma che l’artista deve eliminare i gesti inutili, ossia “tutto quello che vi è in noi di personale e di letterario nel senso peggiore del termine: ricordi nebulosi d’infanzia, sentimentalismi, impressioni, costruzioni volute, preoccupazioni pittoriche (…), false angosce, fatti inconsci non consapevolizzati …”

5) Quale è l’artista a cui le piacerebbe scrivere? E l’artista che sente espressivamente più vicino a lei?

Tra gli artisti con i quali non ho avuto contatti, ma con cui mi piacerebbe averne ci sono John Baldessari e Valie Export. Un artista che invece conosco e amo molto è Francesco Vezzoli, la sua ultima mostra alla Fondazione Prada è stato un progetto grandioso.

6) Cosa vorreste trasmettere al vostro pubblico con questo libro?

Spero di essere riuscita a dare una lettura convincente degli stretti rapporti che Manzoni intrattiene con Roma sin dalla metà degli anni ’50, mettendo a fuoco i debiti e i lasciti della sua opera nell’ambiente culturale della capitale, all’epoca particolarmente vitale e ricco di personalità originali, tra cui Alberto Burri a Cy Twombly. Mi auguro inoltre che dal libro emerga l’estrema fluidità e la complessità delle relazioni tra Roma e Milano, realtà artistiche troppo spesso trattate in modo distinto.

7) Progetti a breve?

Sto curando per la casa editrice University Press Sapienza un volume miscellaneo su Renato Mambor, artista legato alla Scuola di Piazza del Popolo, venuto a mancare tre anni fa. Sto preparando inoltre, insieme a Francesca Gallo, una grande mostra antologica su Ketty La Rocca, che si aprirà nella primavera del 2018 a Ferrara. Grazie alla collaborazione con l’archivio dell’artista, verranno presentati alcuni materiali inediti e diverse opere mai esposte prima. Nel frattempo continuo a lavorare sui rapporti tra arte e femminismo in Italia, con diversi progetti editoriali ed espositivi.

8) Per terminare, cosa vorreste lasciare al futuro?

Per il momento penso più al presente che al futuro; spero di lasciare qualcosa di ciò che ho

Il libro di Raffaella Perna documenta il rapporto tra Manzoni e Roma, delineando la rete di relazioni che l’artista milanese intreccia con i critici, i galleristi e gli artisti romani, e suggerendo inoltre una lettura nuova degli spunti che i cosiddetti artisti di Piazza del Popolo hanno trovato nell’incontro con Manzoni.

I primi contatti dell’artista con Roma risalgono al 1955 quando, appena ventiduenne, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza. Tra il 1959 e il 1961 Manzoni esporrà a Roma quattro volte, entrando in contatto prima con la Galleria Appia Antica e con il milieu culturale e artistico di Emilio Villa e con la Galleria Trastevere di Topazia Alliata, poi con la Galleria La Tartaruga diretta da Plinio De Martiis. A Roma, che all’epoca vive una stagione artistica particolarmente fertile, l’influenza di Piero Manzoni si manifesta in due diverse fasi: alla fine degli anni cinquanta è l’aspetto acromatico e antiespressivo della ricerca di Manzoni a essere guardato con interesse dai giovani artisti romani, in particolare Franco Angeli, Mario Schifano, Giuseppe Uncini e Tano Festa. A metà degli anni sessanta, il lavoro di Manzoni è dunque già una fonte importante per l’arte romana: a ciò contribuisce in misura considerevole lo stretto rapporto che l’artista intrattiene con la Capitale durante tutta la sua breve esistenza, sin dal primo soggiorno. A otto anni esatti dalla scomparsa di Manzoni, morto d’infarto il 6 febbraio del 1963, la mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna è la consacrazione definitiva del suo lavoro: da questo momento la ricerca di Manzoni entra nel canone dell’arte italiana del Novecento come una delle punte più significative e originali della ricerca del secondo dopoguerra.

In occasione della presentazione del libro verrà proiettato, per la prima volta a Roma, il film Piero Manzoni, Artista, diretto da Andrea Bettinetti e prodotto da Michele Bongiorno e Sky Arte HD, in collaborazione con Fondazione Piero Manzoni, Milano. Il documentario, realizzato attraverso testimonianze dirette di amici, familiari e artisti che l’hanno conosciuto e frequentato, vuole ricostruire la personalità dell’uomo, mostrare il suo percorso artistico attraverso le opere e i progetti incompiuti, esplorare il segreto della sua incredibile attualità, anche nelle parole di personalità contemporanee di fama internazionale e attraverso un esteso apparato documentario e audiovisivo. Tra i materiali inediti emersi in occasione delle ricerche, si segnala lo straordinario ritrovamento di filmati d’epoca che costituiscono rarissima testimonianza d’immagini registrate dell’artista in alcune tra le sue più note azioni creative. L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Piero Manzoni (Soncino, 13 luglio 1933 – Milano, 6 febbraio 1963) è stato un artista italiano, famoso a livello internazionale per i suoi Achrome e Merda d’artista. Nasce a Soncino nel 1933 da una famiglia di nobili origini, lontano discendente di Alessandro Manzoni, cresce a Milano, città nella quale studia presso il Liceo Classico Leone XIII prima, e presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Grazie alle frequentazioni dei suoi familiari entra presto in contatto con l’ambiente artistico milanese ed, in particolare, con l’artista Lucio Fontana, celebre fondatore dello Spazialismo. La prima produzione di Manzoni si rifà ai modelli tradizionali, per lo più paesaggi e ritratti ad olio. Già dal 1955, però, comincia a cimentarsi nella realizzazione di dipinti che hanno per soggetto le impronte di oggetti d’uso quotidiano, incominciando a fare della tela uno strumento attraverso il quale catturare la realtà. Il 1958 segna il momento degli Achromes, dal francese incolore: tele imbevute di gesso o caolino liquido e colla, dalla superficie bianca. Non vi è alcun intervento dell’artista sull’opera che si modifica da sé, la materia si trasforma quando si asciuga sul supporto. Manzoni espone le sue opere in una collettiva con Enrico Baj e Lucio Fontana. nel 1959 proseguire la sua ricerca in direzione degli “Acrhome”, comincia a dipingere le “Linee”, intese quali oggetti concettuali. A questo periodo risalgono anche i primi “Corpi d’aria”, ovvero dei semplici palloncini riempiti d’aria che poi saranno riconosciuti con il nome di “fiato d’artista” e nel 1960 espone presso il centro espositivo Azimuth, legato alla celebre rivista da lui fondata con il collega Enrico Castellani nel 1959. Tra il 1959 e il 1961 Manzoni esporrà a Roma quattro volte. Intanto, lo stile di Piero Manzoni si fa ancor più radicale, proponendo nuove opere dal carattere sempre più provocatorio. Oltre a continuare a lavorare alle “Linee” e agli “Acrhome”, firma con l’impronta del suo pollice alcune uova sode, che vengono distribuite al pubblico e mangiate su posto durante una delle sue performance. Progetta anche una “Base magica” costituita da un semplice piedistallo, da lui firmato, capace di elevare al ruolo di opera d’arte chiunque vi fosse salito sopra. Nel 1961 inscatola e vende le più celebri tra le suo opere, ovvero 90 “Merde d’artista”, dal peso di 30 gr. Ciascuna, vendute al prezzo equivalente ad altrettanti grammi d’oro ognuna. Oltre ad alludere, ironicamente e metaforicamente, all’origine profonda della produzione artistica, l’opera rivolge una precisa critica al sistema del mercato dell’arte contemporanea, nel quale per un artista affermato sembrerebbe possibile vendere qualsiasi cosa spacciandola per arte. Prosegue con la realizzazione di un’altra “Base magica” e la “Base del mondo”, un parallelepipedo in ferro capovolto, al fine di eleggere il mondo stesso a opera d’arte. Nel 1963, a soli 29 anni, muore, improvvisamente, d’infarto nel suo studio milanese.

Raffaella Perna – È professore di Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di Scienze della formazione, Beni Culturali e Turismo dell’Università di Macerata. Ha scritto : (2016) Pablo Echaurren. Il movimento del ’77 e gli indiani metropolitani, Postmedia Books, Milano ;(2013) Arte, fotografia e femminismo in Italia negli anni Settanta, Postmedia Books, Milano ; (2013) Wilhelm von Gloeden. Travestimenti, ritratti, tableaux vivants, Postmedia Books, Milano; (2009) In forma di fotografia. Ricerche artistiche in Italia dal 1960 al 1970, DeriveApprodi, Roma.

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Di Sveva Manfredi Zavaglia

E’ curatrice indipendente, art Advisor e consulente di marketing management culturale internazionale. Da oltre 20 anni e progettista culturale di eventi legati all'arte contemporanea con una particolare attenzione a spazi inconsueti, e alle interazioni con altre arti. Come project manager ha un'approfondita conoscenza dei diversi processi implicati nella pianificazione, coordinamento ed attività per grandi eventi dall’organizzazione, curatela, ricerca, alla redazione testi e cataloghi. Ha creato e curato oltre 50 rassegne, mostre personali e collettive, installazioni ed interventi in spazi pubblici in Italia.

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