“Borsalino” è il titolo del nuovo singolo e videoclip del musicista romano Ras Mat-I, disponibile da martedì 20 ottobre in tutte le piattaforme digitali. Ras Mat-I, nome d’arte di Matteo Rocca, ha così dedicato una canzone al leggendario cappello, coniugando queste sue passioni: il mondo musicale e l’estetica del cappello “fedora”, esemplificata al meglio da quelli di Borsalino.
Ma perché dedicare una canzone a dei cappelli? Partiamo dal presupposto -spiega l’artista- che si tratta di un mito senza tempo ed una icona di stile, associata negli anni a divi del cinema come Humphrey Bogart, Alain Delon, Marcello Mastroianni, Federico Fellini e, nella musica, uno fra tutti, a Michael Jackson. L’artista non può fare a meno di indossare questi cappelli durante i suoi concerti, dato che essi sono un concentrato di stile e raffinatezza, ma, anche un simbolo di appartenenza. Non importa se sei un rocker o un rapper, se sei nato a fine ‘800 o vivi negli Anni ’00, è come se chiunque entri in contatto con il mondo Borsalino faccia tacitamente parte di una sorta di setta dell’eleganza.
L’atmosfera musicale riporta ai suoni latini e caraibici che attraverso il reggaeton tanto accompagnano questo periodo musicale insieme ai suoni trap, ma con quel tocco estetico “all’italiana” che infine rende unici questi prodotti e ne caratterizza il fascino. Nel testo come nella musica, le loro gesta sono raccontate con uno spirito leggero e allegro. Tra i ritmi sincopati del reggaeton e della dancehall accompagno l’ascoltatore in un mondo colorato e fantasioso. La produzione di Raina (Villa Ada Posse) e Boot Loop si sposa con le strofe e i ritornelli per tutta la durata della canzone. Ad accompagnare il singolo c’è anche il videoclip realizzato da Maleta Production, dove il protagonista interpretato proprio da Ras Mat-I, simboleggia un ragazzo “normale”. Ma ecco che nel momento in cui indossa il suo cappello viene trasportato in un mondo nuovo, fatto di tutto ciò che più riesce a trovare spazio nell’immaginazione e fin dove la musica riesce a portare. Coreografie e ballerini, auto vintage e tutti gli ingredienti per festeggiare ed esaltare questa leggenda di stile ed eleganza.
Ciao Matteo, come ti è venuta l’idea di dedicare una canzone a un cappello?
Diciamo che l’idea di dedicare una canzone ad un cappello è nata molto più spontaneamente di quello che uno possa immaginare. Era il primo maggio dello scorso anno, mi trovavo in macchina proprio con Raina, il producer della strumentale di “Borsalino”, e stavamo andando a Perugia per una data. Mentre mi faceva ascoltare le sue nuove produzioni, arrivò il momento di questa, che per me già dalla base suonava come una hit, e la prima cosa che mi venne da canticchiare fu proprio “gimme Borsalino, want a Borsalino”. Ci fu veramente poco da fare, avevamo già capito che appena tornati a Roma avremmo subito dovuto registrarla.
Per chi non ti conoscesse sembrerebbe quasi una pubblicità, ma, sappiamo appunto della tua passione in tal senso…
Sicuramente siamo in un periodo storico in cui il mondo della moda si è mescolato molto a quello dell’arte. I brand di alta moda ormai li sentiamo nominare in moltissime canzoni di svariati generi musicali, ma molto spesso suonano quasi più quelli come una trovata pubblicitaria a mio parere, e non per la potenzialità di quegli stessi brand poi di promuovere gli artisti che li nominano, ma per la capacità che hanno quei nomi di famosi marchi di far sentire uguali e sintonizzare subito gli artisti con chiunque ascolti la loro canzone, riconoscendosi in uno stesso stile. Ecco, questo non penso sia il caso di “Borsalino”. Il mio obbiettivo era di rendere omaggio ad un accessorio ormai raro, fuori da questi tempi, ma un oggetto sicuramente “senza tempo” e quasi mitologico nel 2020. Io poi sono assolutamente di parte dato che negli anni ne ho collezionati una ventina di qualsiasi materiale e colore, e adoro indossarli in qualsiasi situazione, specialmente sopra un palco durante i live, ma la verità è che mi ci incontreresti anche al supermercato con un Borsalino.
Se l’azienda Borsalino ti proponesse di diventare loro testimonial lo faresti?
Se capitasse, di certo non me lo farei chiedere due volte. La cosa divertente è che quando li chiamai per presentargli questa canzone e il progetto con il video, gli dissi che per loro volentieri avrei anche lavorato come commesso.
Per il tuo video hai scelto un’antica cappelleria nel centro della Capitale, com’è stata questa esperienza?
La ricerca della location non è stata proprio cosa semplice. Questo anno travagliato ha fatto sì che molti ci respingessero per motivi di paura del covid ovviamente. A quel punto, avevamo quindi capito che sarebbe stato molto più semplice avere una location nostra per lavorare in modo sereno per le riprese del video. Quindi, rimanendo sull’idea del negozio, abbiamo deciso di ricrearne uno tutto nostro all’interno di un locale che si trova a Trastevere, arricchito con un’insegna esterna originale che gli avesse potuto dare un aspetto più realistico.
Cosa c’è di Roma nella tua musica e nei testi del tuo ultimo singolo?
Roma è la mia città, e non solo. È un posto con un sapore sempre classico, antico, ma non vecchio. Ti da radici culturali di un certo spessore, e te le porti sempre dietro. Questo è il motivo per cui le strade di Roma non potevano mancare nel videoclip di “Borsalino”. Il testo della canzone è in inglese e parla più di spiagge e margarita, di certo non proprio l’immagine che uno ha di questa città, ma il mix di cappello, macchina d’epoca, e Roma stessa, penso sia stato il modo migliore di rappresentare quello che si voleva comunicare realmente.
Come vedi la scena musicale di Roma?
È sicuramente vero che il contesto musicale romano purtroppo è rimasto un po’ indietro rispetto ad altre scene e ad altre città, ma penso anche che resista orgogliosamente ed anche con un certo livello. Negli ultimi anni è pur vero che ci sono sempre meno palchi, mancano i posti, e bisogna saper sfruttare sempre di più le poche occasioni che si creano, ma penso che comunque in qualsiasi luogo ci si trovi in questo momento, e soprattutto in tempi di solitudine come questi, la musica resterà sempre speranza e sarà l’ultima a morire.
Che locali di musica dal vivo frequenti abitualmente a Roma?
Da quando ero adolescente alla fine ho sempre preferito i centri sociali, la musica reggae, le vibes di quei posti. Mi piace anche andare a vedere concerti di rapper e cantanti attuali, o una cosa più soft come del buon Jazz nei localetti. Basta che ci sia musica, buona.
Quali progetti hai in cantiere adesso?
Quest’anno devo dire che per quanto brutto per l’arte in generale, per me è stato molto produttivo. Il tempo per scrivere, registrare, e creare nuove cose ce l’ho avuto di certo, e ho pronto non uno, ma due album interi, di generi diversi e che trasmettono assolutamente sensazioni diverse. In uno di questi due è presente il singolo appena uscito “Borsalino”, ed il resto non vedo l’ora di farvelo ascoltare.
Jimmy Rabbitte, figlio di un fanatico di Elvis è nato a Dublino nel 1970. Laureato in sociologia, da sempre appassionato di musica, si diletta tra piccole band e collaborazioni giornalistiche. Vive a Roma da più di 15 anni e non si perde un concerto da San Lorenzo a Testaccio, dal Pigneto a Portonaccio.