Incontriamo Ilaria Borrelli, attrice, regista e produttrice di Talking to the Trees, un film che tratta di un tema che vorremmo non esistesse, e cioè la prostituzione minorile, che coinvolge bambini anche piccolissimi, veri schiavi sessuali.
Ilaria Borrelli è attrice, regista e produttrice di Talking to the Trees, un bellissimo film che narra la storia di una donna che decide di salvare tre bambine dalla prostituzione minorile. Il film, che ha avuto numerosi riconoscimenti internazionali, è stato proiettato al parlamento europeo come simbolo nella giornata mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori, ed ha vinto numerosi premi tra cui il Best Film Awards a Los Angeles. E’ distribuito in Italia da Stemo Production (www.stemoproduction.com) di cui incontriamo l’amministratore Claudio Bucci.
Ilaria, Talking to the Trees è un film che hai fortemente voluto, in cui credi fermamente. Perché?
Perché trovo scandaloso che nel mondo esistano 40 milioni di bambini in questa condizione, e che non se ne parli! Negli occhi di qualsiasi bambino che soffre, vedo gli occhi dei miei bambini
Nel film la prostituzione minorile è rappresentata come una schiavitù vera e propria. Il tuo, è un film di denuncia o fa prevalere l’aspetto dei sentimenti e del racconto?
Per me il cinema non è soltanto una forma di arte, ma anche uno strumento per denunciare qualcosa che mi fa molto soffire e su cui vorrei che ci fosse più consapevolezza. Per me è molto importante raccontare le emozioni, perché voglio raggiungere tutti, e sulle emozioni siamo tutti uguali.
La protagonista, che all’inizio scrive ad un bambino non ancora concepito e che alla fine non nascerà, decide in un istante di salvare la bambina che incontra sul suo cammino in Cambogia. Come mai?
La maternità non è soltanto un fatto biologico, ma è occuparsi degli altri e soprattutto dei bambini che ne hanno bisogno. Mi piace molto il buddismo, che dice che ognuno si sceglie i propri genitori. E’ una forma più distaccata ma anche più profonda di maternità: Mia, la protagonista, all’inizio vuole questo figlio biologico, ma un figlio non è un tassello o un bell’oggetto da aggiungere alla vita borghese di Mia che, quando scopre la realtà delle prostitute bambine, si rende conto che può fare molto anche senza procreare biologicamente.
Come è stato essere contemporaneamente regista e attrice?
E’ stato molto pratico! All’inizio avevo paura, ma dopo i primi giorni questa situazione mi ha sollevata perché sarebbe stato un problema pratico enorme aver avuto un’attrice famosa nelle circostanze in cui abbiamo girato. Per realizzare il film, abbiamo girato nella giungla, con le sanguisughe, e dormito nelle baracche! Chi avrebbe resistito? Io idealizzo un’epoca in cui il cinema sarà sempre più personale, perché se si ha la fortuna di interpretare quello che si è scritto, probabilmente lo si interpreta in maniera molto più intensa, perché c’è una necessità enorme di esprimere quel messaggio.
Come è stato il rapporto con le bambine del film?
Innazitutto è stato molto difficile fare un casting, perché è difficile dire alle famiglie di fare impersonare alle loro figlie delle prostitute. Grazie alle direttrici delle scuole, però, siamo riusciti a trovare queste 3 bambine e con loro sul set si è instaurato un rapporto molto bello. L’atmosfera era quasi familiare. Poi, visto che dopo che is è lavorato in un film, ci si sente qquasi abbandonati, ho scelto di rimanere in contatto con loro e di aprire dei conti bancari per farle studiare fino ai 18 anni
Nel film, la bellezza della natura ha una aspetto predominante. Hai scelto la Cambogia per questo motivo?
Si, ho scelto la Cambogia per la natura, meravigliosa e praticamente incontaminata. Per me è molto importante rappresentare nel cinema il conrasto tra la purezza della natura e l’orrore dell’essere umano. Ma purtroppo la storia delle prostitute bambine potrebbe ambientarsi in qualsiasi parte del mondo.
Questo film è il primo di una serie di film che tratteranno tematiche sconvolgenti, sempre relative al mondo infantile. Ce ne puoi parlare?
Il prossimo film è la storia di una bambina che scappa da un matrimonio forzato, incinta. Si parla poco del fatto che queste spose bambine, a causa della loro troppo giovane età, hanno un alto tasso di mortalità per il parto. Si parla di 5 milioni di spose bambine e di 70 mila bambine morte di parto ogni anno.
Poi ci sarà un altro film con una bambina che scappa dalla guerra, e sarà più legato ai problemi che i bambini senza famiglia incontrano in questi casi disperati.
Ginevra Ansuini, imprenditrice con l’amore dei gioielli e delle pietre preziose.