Mammut è il titolo del nuovo singolo e video del cantautore romano Giampietro Pica, in arte Gimbo, disponibile su tutte le piattaforme digitali da martedì 30 giugno pubblicato da Redgoldgreen. Nella musica di Gimbo si trova la semplicità del cantautorato più puro, la concretezza di rime e suoni che vogliono raccontare una storia. In questa intervista Giampietro racconta a Rome Central tutti i dettagli del suo nuovo lavoro.
Mammut è il tuo ultimo singolo che vede protagonista il quartiere Rebibbia di Roma. Come è nata questa voglia di far emergere una realtà spesso nascosta o “scomoda” da raccontare?
È stata un’esigenza portata da una riflessione. Lo scorso anno, nel giro di 8 mesi, sono stati pubblicati due miei singoli “Sin Miedo” e “Mocambo” che in maniera molto diversa raccontano di terre lontane. Così, ad un certo punto, ho avvertito l’esigenza artistica di ritornare verso casa mia e di parlarne a modo mio. Sinceramente, mentre scrivevo il brano e la musica, non pensavo di ripercorrere una realtà “scomoda” piuttosto di descrivere la positività ed il grande slancio vitale del quartiere di Rebibbia. Il brano nella sua interezza, anche quando si riferisce al carcere, pone l’accento sul calore umano trasmesso dai rapporti, quel calore descritto molto bene nei film neorealisti.
Mammut è anche la mascotte del comitato omonimo proprio di questo quartiere romano, raccontaci qualcosa di questo ente, tu ne fai parte? In che modo collabori?
Il Comitato Mammut è proprio una delle espressioni più vive del calore umano di cui parlavo. Personalmente, non ne faccio parte ma il Comitato lascia segni visibili un po’ ovunque, curando iniziative tese al ripristino dello stato dei luoghi, anche per evitarne l’incuria e l’abbandono. Indubbiamente, è una realtà associativa importante per il quartiere che, peraltro, nel recente passato ha dato prova di grande risolutezza occupandosi delle prime necessità di molte persone, anche informando quotidianamente dello stato di salute di molti. È un simbolo di vicinanza il Mammut, o almeno così l’ho sempre visto.
A quali altri quartieri o angoli di Roma sei particolarmente legato oltre Rebibbia / Casal de’ Pazzi?
Rebibbia offre, tra le varie cose, grandi spazi verdi con i parchi regionali urbani, la sensazione è che la natura si addentri nella città o viceversa. Seguendo il percorso del fiume Aniene, lungo il parco, si arriva a Ponte Nomentano, che era uno dei ponti più importanti per la città di Roma nell’antichità assieme a Ponte Milvio e Ponte Salario. Da lì in poi, puoi pensare di andare verso il centro della città e con poco ritrovarti sul Lungotevere, al Portico d’Ottavia ad esempio, per me un posto speciale. Nelle leggende di questa città si dice che quel posto che sia magico, con un intreccio di culture millenarie e quindi di religioni, costumi e credenze. Si avverte qualcosa lì, a me capita.
A livello musicale il tuo singolo Mammut è pacato, malinconico, potrebbe essere la giusta colonna sonora della passata quarantena: per te è stato così?
Il brano è stato scritto a dicembre scorso, quando era inimmaginabile, almeno per me, tutto quello che è venuto dopo. Sicuramente, il successivo lavoro di raccordo con il video ha fatto sì che il brano mi accompagnasse durante le giornate, ed è stato un bene. In questo ultimo senso è possibile considerarlo come una “presenza” musicale nella vita di quei giorni, mi ha dato euforia ed a volte è stato un rifugio dai pensieri.
Ci saranno in programma dei live a Roma, dove? In quale locale della Capitale ti piacerebbe suonare?
Mi auguro di sì, anche se in questo momento, come è noto, non può che essere un augurio viste le difficoltà oggettive di organizzazione di eventi. Ad ogni modo, me lo sono chiesto molte volte dove avrei voluto portare questo progetto. Mi piacerebbe molto suonare in piccoli teatri o sale, posti raccolti con luci tenui. Credo che i brani scritti per “Gimbo” abbiano quella dimensione e quel gusto li.
Tra gli artisti della scuola cantautorale romana del passato e del presente, ce n’è qualcuno che preferisci in particolare e magari sogni una collaborazione con lui?
Apprezzo veramente molto la scuola cantautorale in genere ed ascolto ed ho ascoltato tanto materiale negli anni. In effetti, ci sono “mostri sacri” il cui nome non vorrei pronunciare per pudore e ci sono anche molte nuove leve veramente apprezzabili. Che dire, la testa di un artista tendenzialmente è sognante ed è predisposta a slanci emotivi, quindi posso solo sperare di avere la possibilità di condividere palchi e vivere artisticamente quei contesti.
Jimmy Rabbitte, figlio di un fanatico di Elvis è nato a Dublino nel 1970. Laureato in sociologia, da sempre appassionato di musica, si diletta tra piccole band e collaborazioni giornalistiche. Vive a Roma da più di 15 anni e non si perde un concerto da San Lorenzo a Testaccio, dal Pigneto a Portonaccio.