La Garbatella è un zona del quartiere Ostiense e fa parte dell’ VIII Municipio di Roma. Realizzata in circa 20 anni a partire dal 1920 nell’area dei monti di San Paolo, la zona ha, nella sua apparente unità, attraversato fasi costruttive molto eterogenee, configurandosi come vero e proprio laboratorio di tipologie e di stili.
I vari gruppi di edifici sono infatti il prodotto di differenti congiunture della società italiana e variano a seconda dei diversi gruppi sociali cui erano destinati. Pur non avendo sempre in passato goduto di buona fama, è ormai da tempo una delle aree più vivaci della capitale, situazione ufficialmente sancita dall’ottenimento del titolo di Rione, che ne riconosce così l’origine storica e la valenza culturale.
L’origine del nome Garbatella è tuttora oggetto di discussione; infatti, secondo un’ipotesi molto diffusa, il quartiere prenderebbe il nome dall’appellativo dato alla proprietaria di un’osteria, di nome Carlotta (o Maria), benvoluta dai viaggiatori e soprannominata “Garbata Ostella”, successivamente abbreviato in “Garbatella”. L’effige di questo mitico personaggi è rappresentata oggi in piazza Geremia Bonomelli.Una seconda ipotesi sull’origine del nome Garbatella fa riferimento al tipo di coltivazione della vite detto “a barbata” o “a garbata” nella quale le viti vengono appoggiate ad alberi di acero od olmo, in uso nei terreni della “Tenuta dei 12 cancelli”, posseduti nel XIX secolo da monsignor Nicolò Maria Nicolai, noto agronomo ed intellettuale, commissario generale dalla Camera Apostolica, presidente dell’Accademia dei Lincei e della Pontificia Accademica Romana di Archeologia.
Garbatella, nome con cui era indicata la località già prima della costruzione del quartiere, non fu l’unico ad essere preso in considerazione. Dal momento che l’abitato avrebbe dovuto ospitare, nelle intenzioni iniziali, i lavoratori del vicino distretto industriale dell’Ostiense, tra gli appellativi caldeggiati vi fu quello di “Concordia”, nome dell’originaria borgata-giardino sorta, nel 1920, nella zona circostante Piazza Brin. In età fascista l’idea era invece quella di ricercare precedenti aulici nella storia antica, proponendo per questo il nome di “Remuria”, in ricordo della volontà di Remo di costruire il proprio insediamento non sul Palatino ma sul colle successivo verso il mare (identificato però da autori antichi con l’Aventino).
Intraprendiamo il nostro viaggio dal luogo esatto in cui sorse il primo insediamento della zona, cioè da Piazza Brin, dove si riscontra fin da subito il piacevole rapporto tra le metrature dedicate al verde “privato” e quelle edificate, tra i più alti nell’Italia dell’epoca. Oltre all’estrema ricchezza dei dettagli (si notino in particolare i pregevoli doccioni e gli originalissimi comignoli), notiamo la presenza, ad una discreta distanza dalle mura Aureliane, di una statua romana acefala, ricordo della vocazione cimiteriale che l’area aveva in età antica. Oltre alla piccola edicola votiva eretta durante la guerra dai giovani abitanti del lotto, nella speranza di scampare ai bombardamenti, un oggetto di sicuro interesse è rappresentato dalla targa marmorea celebrativa della posa della prima pietra, risalente al 1920.Come vediamo dall’immagine, oltre alla mano augusta di Sua Maestà, intervengono nella circostanza l’Istituto Autonomo Case Popolari e l’Ente Autonomo per lo sviluppo Marittimo ed industriale di Roma; nessuna menzione invece della giunta Nathan, alla cui opera il sentimento di sinistra storicamente dominante nella zona vorrebbe far risalire la propria fondazione. Malgrado l’importanza cruciale di questa giunta nella lotta alla speculazione edilizia e nell’identificazione dell’Ostiense come area di sviluppo industriale, va ricordato come non ci sia connessione diretta tra la costruzione del quartiere e la vittoria del “Blocco del Popolo” che fu in Campidoglio solo fino al 1913.
Delle due istituzioni citate la prima sorse nel 1903, grazie alla volontà del deputato Luigi Luzzatti, con lo scopo precipuo di realizzare edilizia economica e popolare nell’area urbana di Roma; adoperandosi da subito per alleviare la crisi abitativa di Roma ad esempio attraverso la costruzione dei pregevoli quartieri Flaminio e San Saba.
Lo SMIR invece era nato solamente un anno prima e, malgrado la sua fondamentale azione per lo sviluppo della zona sud della Capitale, ebbe vita breve e contraddittoria, venendo liquidato già nel 1923. Questo Ente nasceva dalla volontà di Paolo Orlando, tecnocrate di origini siciliane, iscritto all’associazione antibolscevica, consigliere d’opposizione durante la giunta Nathan e promotore, tra le altre cose, della costruzione del porto di Ostia. Laureatosi in Ingegneria presso il Politecnico di Milano si dedicò suito allo sviluppo industriale-commerciale e marittimo di Roma, città in cui si trasferì per intraprendere la carriera politica.
Fu lui il fautore, a partire dagli anni ottanta del ‘800, di un comitato nazionale per la realizzazione di un bacino collegato al mare e provvisto di scali portuali e ferroviari, che avrebbe dovuto definitivamente favorire il decollo industriale della zona Ostiense. Il progetto non fu però mai realizzato a causa del dirottamento dei fondi verso opere pubbliche nel Nord del paese. Fu però sempre lui a coinvolgere, fin dal 1910, l’IACP e qualche anno più tardi gli architetti Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini, i quali si occuparono del piano regolatore della zona.
Continuando lungo via Cialdi si giunge in via di Sant’Adautto, dove si incontra il primo nucleo di case “rapide”, quelle dei lotti VI e VII, edificate nel 1923. Le costruzioni, che oggi appaiono molto graziose nella loro minutezza e nel loro tranquillo isolamento, furono realizzate senza le velleità estetiche che avevano caratterizzato i precedenti lotti. Ciò avveniva perché la funzione era quella di provvedere alloggi quanto più possibilmente economici per far fronte ad un’emergenza abitativa che diveniva sempre più pressante. L’isolamento completo di questo gruppo di case, chiuse su loro stesse e poste su un’altura, riproponeva in un certo senso la tipologia della “borgata” come luogo di segregazione, anche fisica, dei segmenti più indesiderabili della popolazione.Avviene a partire da questo momento una progressiva diversificazione sociale della zona, che inizierà ad accogliere gruppi di famiglie dalla provenienza più disparata. Per quanto riguarda gli sfollati, i primi ad insediarsi alla Garbatella furono quelli provenienti dalle zone del Teatro Marcello, della Salita del Grillo e di Piazza Montanara, ai quali si aggiunsero, nel 1929, una parte dei “baraccati” provenienti dai c.d. “villaggi abissini”, delle zone di Ponte Milvio e Portonaccio. L’esperienza delle “case rapide” si ripeterà in Piazza Masdea e, due anni dopo, in via Magnaghi, a partire dal 1925, anno in cui lo “sbloccamento” degli affitti del centro città, fino a quel momento calmierati, avrebbe portato un’ondata di sfrattati a dirigersi verso questa zona.
Ci si sposti adesso all’interno del Parco di Commodilla, costruito sulle omonime catacombe, utilizzate fin dal quarto secolo, abbandonate nel IX e riscoperte dopo 600 anni di oblio. Il complesso cimiteriale ipogeo sorge, come spesso accade, attorno ai resti di una delle innumerevoli cave di pozzolana della città, e prende il nome dalla fondatrice o dalla donatrice del terreno. Le sepolture più note qui ospitate sono quelle dei santi Felice ed Adautto, martiri sotto Diocleziano. Il secondo non è un normale nome romano, dal momento che “adauctus” altro non significa se non “aggiunto”, trattandosi, secondo l’agiografia del secolo VII, di un astante cristiano offertosi volontariamente per il martirio.
Le gallerie del cimitero ospitano forse meno opere d’arte rispetto ad altri, più noti, cimiteri ipogei; ma custodiscono una delle iscrizioni più interessanti di tutto il nostro paese. La frase graffita “non dicere ille secrita a bboce”, databile tra VI e IX secolo, presente in una cappella delle catacombe, è ormai infatti talmente distante dal latino standard da essere considerata il più antico documento in volgare italiano.
Usciti dal cancello già appartenuto alla vigna Nicolai, si percorra ora via della Garbatella, svoltando a destra per via Fincati, dove potrete ammirare il pregevolissimo Lotto 8, tra i più riccamente decorati. Questo caratteristico agglomerato a corte è opera dell’architetto Plinio Marconi, disegnatore, qui nel quartiere, anche del Lotto 4 e dell’ alloggio 13 delle “case modello”, di cui parleremo nel prossimo articolo. La ricchezza e la complessità delle decorazioni, ispirate ad un vasto e variegato repertorio di eterogenea derivazione, ci suggeriscono una destinazione di questo complesso a famiglie di migliore condizione economica, che si supponeva in grado di riscattare gli alloggi nel breve termine.
La densità abitativa dell’edificio, costruito tra il 1923 ed il 1926, è maggiore rispetto agli edifici costruiti in precedenza, ed anticipa l’evoluzione che di li a poco caratterizzerà il quartiere e tutte le nuove urbanizzazioni della città. Dopo il 1927 infatti si iniziò a ritenere sempre più inadeguato e velleitario lo sviluppo a bassa densità, anche in quelle aree caratterizzate da un basso prezzo dei terreni; dal momento che i villini risultavano comunque, in termini relativi, molto più costosi rispetto a tipologie più intensive. Si avviava così prematuramente a termine quell’esperienza che avrebbe voluto rappresentare l’alternativa moderna alla tipologia ottocentesca del “blocco”.
L’Associazione Veni Vidi Visit offre visite gratuite a Roma, dei Walking Tour. Un ottimo modo per scoprire Roma al di fuori dai sentieri più battuti.
Alessandro Patrizi:
“Sono un appassionato di “tourguiding” da quando, all’età di 7, ho iniziato ad accompagnare i turisti intorno al villaggio dove ero solito passare l’estate.
Ho due lauree in storia medievale e moderna e coltivo la passione per la speleo-archeologia.
Tra il 2007 e il 2012 ho organizzato escursioni, gite e viaggi in giro per l’Italia per gli studenti universitari provenienti da tutto il mondo.
Ho anche una grande passione per la natura, il cibo e l’agricoltura; sono anche un produttore di olio d’oliva, un esperto di cibo ed un sommelier olio. ”
Laura Antonucci:
Ho studiato architettura, trascorso qui tutta la mia vita ho sempre avuto una grande passione e amore per Roma. Ho letto centinaia di libri sulla sua storia, le leggende, le opere d’arte, lo sviluppo urbano e l’evoluzione della città. Ho anche una vasta collezione di vecchie foto di Roma e mi piace mostrarle durante i miei giri. Ho lavorato come guida ufficiale a Ostia Antica, come guida turistica privata e ha anche preso parte ad alcuni programmi di scambio scuola europea Comenius. Sono sempre molto felice di mostrare la città agli studenti e agli stranieri e farli sentire e vivere la vera storia romana.
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