Vorrei parlarvi di Umberto D, pellicola del 1952, scritta e sceneggiata da Cesare Zavattini e diretta da Vittorio De Sica, dedicata al padre Umberto, sono emozionatissima nel parlarvi di questo capolavoro, vediamo se ce la faccio a creare un post interessante quanto il film!
Presentata in prima nazionale il 21 gennaio 1952, così come avvenne per il precedente Ladri di biciclette anche per Umberto D. ci furono molte proteste e critiche: ci si lamentò per il fatto che vi veniva mostrata la realtà con drammatico realismo e ci si fissò con la solita solfa secondo cui “i panni sporchi dovevano essere lavati in casa” e non certo incisi su una pellicola che avrebbe attirato l’attenzione all’estero. A tal proposito vi riporto la citazione di un famosissimo ministro italiano dell’epoca e anche di quella successiva e di quella successiva ancora:
“De Sica ha voluto dipingere una piaga sociale e l’ha fatto con valente maestria, ma nulla ci mostra nel film che dia quel minimo di insegnamento[…] E se è vero che il male si può combattere anche mettendone a nudo gli aspetti più crudi, è pur vero che se nel mondo si sarà indotti – erroneamente – a ritenere che quella di De Sica è l’Italia del ventesimo secolo, De Sica avrà reso un pessimo servigio alla sua patria.” così disse Giulio Andreotti dopo aver visto la pellicola.
“Che senso ha un film come Umberto D, a sette anni da Roma Citta Aperta, con la crisi del neorealismo proclamata “ufficialmente” l’anno prima dalla stessa sinistra – cui tali film vengono accostati, a volte un po’ a sproposito – con un articolo della rivista “Vie Nuove”, e con l’Italia che si sta rapidamente avviando verso il boom economico? Dal punto di vista commerciale il successo è precluso. Ormai ogni anno giunge dall’America anche il triplo dei film prodotti in Italia nello stesso lasso di tempo, anche più di quanti realizzati negli Usa nella medesima annata (c’è il recupero di film anteguerra precedentemente bloccati da un embargo), sarà da lì a pochi anni la volta delle epopee mitologiche degli Ercole e i Maciste, i cachet dei divi sono in prepotente ascesa e la televisione incombe.
Il senso originario va dunque cercato anzitutto nelle condizioni materiali ancora estremamente complicate cui le categorie che non hanno potuto trarre vantaggio da quindici anni di inflazione galoppante sono costrette, nel decennio del dominio assoluto del capitale sul lavoro. È quindi ancora un dovere morale sbandierare al vento i panni sporchi del Belpaese, piuttosto che nasconderli o lavarli in famiglia, come vorrebbe il sottosegretario Giulio Andreotti, gran sostenitore della rinascita del cinema italiano a patto che non sia politico: in quest’ultimo caso, la mannaia del divo Giulio si abbatte sui film e sui registi come il manganello della Celere di Scelba sui lavoratori in sciopero.
E il sesto film della coppia Vittorio De Sica-Cesare Zavattini si apre proprio con una manifestazione: dei pensionati, “i paria della nazione” secondo quanto si legge su uno dei cartelli. Umberto (dal nome del padre del regista) Domenico Ferrari – interpretato dal non professionista Carlo Battisti, nella vita professore di glottologia all’Università di Firenze – è con i manifestanti, a chiedere quell’aumento che gli consentirebbe di evitare lo sfratto, dalla camera in cui vive assieme al suo cane Flik, minacciato dall’odiosa padrona di casa. Nel proseguo della vicenda troviamo tutti i crismi della poetica zavattiniana del pedinamento e il consueto inimitabile sguardo di De Sica, più fulgido e profondo che mai.
Al centro, la vicenda umana del protagonista, persona anziana che cerca di affrontare con dignità e senza rassegnazione la miseria economica, il decadimento fisico, la solitudine esistenziale. L’unico rapporto lo ha con la servetta Maria (Maria Pia Casilio), il suo solo spazio è la camera, mentre fuori ribolle una Roma traboccante di gente produttiva, militari in licenza, amori che sbocciano. Umberto può al massimo raggiungere altri luoghi di cattività più o meno coatta, un’ospedale o un canile; i soldi non piovono dal cielo, chiedere la carità è troppo degradante. Gli autori dilatano il più possibile la sua agonia (ma l’episodio più celebre e riuscito di questo lavoro sui tempi del racconto è il risveglio della ragazza), svincolata il più possibile da una reale progressione drammaturgica. Le singole sequenze hanno vita a sé. Ma nonostante ciò – o proprio per questo – l’emozione monta a livelli insostenibili.”
Citazione tratta dall’articolo “Umberto D. di Vittorio De Sica”, di Claudio Zito.
http://www.ondacinema.it/film/recensione/umberto.html
Si racconta che Carlo Battisti – interprete di Umberto D. – nella vita reale, come già detto, professore di glottologia all’Università di Firenze e autore, insieme a Giovanni Alessio e altri collaboratori, del Dizionario Etimologico Italiano (DEI, in cinque volumi, pubblicato negli anni 1950-1957), qui alla sua prima ed unica pellicola, al provino, per l’emozione, si presentò indossando due cravatte.
Trama. Siamo a Roma. Un corteo non autorizzato di pensionati, i cui cartelli recitano «Aumentate le pensioni. Abbiamo lavorato tutta una vita», viene fatto sgomberare dalla polizia. Alcuni anziani si rifugiano nell’atrio di un edificio: fra loro c’è Umberto Domenico Ferrari, per trent’anni funzionario al Ministero dei lavori pubblici con una pensione di 18.000 lire al mese. A mezzogiorno Umberto va alla mensa dei poveri dove vende il suo orologio per 3.000 lire per poter pagare l’affitto. Tornato a casa trova la sua camera occupata momentaneamente da una coppietta a cui la padrona ha subaffittato la stanza in sua assenza: egli protesta ma la padrona di casa, per tutta risposta, lo minaccia di sfratto se non paga gli arretrati.
Che meraviglia signori, che meraviglia.
Voi che ne pensate?
Scritto e ripreso dall’autrice della pagina Indagine di una cittadina al di sopra di ogni sospetto
(https://www.facebook.com/IndagineDiUnaCittadinaAlDiSopraDiOgniSospetto/posts/)
ECCO IL FILM COMPLETO
https://youtu.be/C3YQKRdsNiE
Titolo originale: Umberto D.
Paese di produzione Italia
Anno 1952
Durata 89 min
Dati tecnici B/N
Genere drammatico
Regia Vittorio De Sica
Soggetto Cesare Zavattini
Sceneggiatura Cesare Zavattini
Produttore Giuseppe Amato, Angelo Rizzoli, Vittorio De Sica
Distribuzione in italiano Dear Film
Fotografia G. R. Aldo
Montaggio Eraldo Da Roma
Musiche Alessandro Cicognini
Scenografia Virgilio Marchi
Interpreti e personaggi
Carlo Battisti: Umberto Domenico Ferrari
Maria Pia Casilio: Maria, la servetta
Lina Gennari: Antonia, la padrona di casa
Ileana Simova: (non accreditata)
Elena Rea: sorella
Memmo Carotenuto: un ammalato
Alberto Albani Barbieri: amico di Antonia
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