Un unicorno è una start-up privata valutata oltre $ 1 miliardo. Il termine è stato coniato nel 2013 dalla venture capitalist Aileen Lee, scegliendo l’animale mitico per rappresentare la rarità statistica di tali imprese di successo. […] Secondo TechCrunch, a marzo 2018 c’erano 279 unicorni. Gli unicorni più grandi includevano Uber, Xiaomi, Airbnb, Palantir e Pinterest. Wikipedia
Durante la Roma startup week ho incontrato decine di piccole compagnie ben decise a dimostrare di essere il prossimo unicorno. Persone che credono fortemente nel loro progetto, persone che si sono impegnate a fondo dello sviluppo di un’idea che ritengono innovativa e che secondo loro cambierà il mondo.
Mi trovavo alla Rome startup in una condizione un po’ particolare, certamente privilegiata per alcuni aspetti e certamente rallentata e stressata da altri visto che come giornalista e fotografo mi trovavo lì per documentare l’evento, non potendo quindi seguire con l’attenzione necessaria tutti i panel che si susseguivano incessantemente.
Come alcuni sapranno Io ho avuto la fortuna di essere uno dei fondatori di Italia On Line (iol.it) una delle prime startup in Italia per così dire ante litteram e sono stato fortunato: IOL non è stata certamente un unicorno di grande splendore ma sicuramente un cucciolo di unicorno lo è stata, e un pochino mi è dispiaciuto quando siamo arrivati alla resa dei conti e abbiamo siglato la nostra uscita da IOL una volta per tutte, d’altro canto era un’impresa troppo grande perché un gruppo come il nostro potesse anche solo economicamente portarla avanti.
Adesso vedo negli occhi dei ragazzi che spingono i loro progetti più una ricerca di un obiettivo di uscita cioè di “ho avuto un’idea, la porto avanti, mi danno dei soldi per poter continuare o iniziare lo sviluppo, magari qualcuno mi può incubare, magari qualcuno mi può accelerare”, ma l’obiettivo finale è quello di vendere la compagnia per un prezzo immaginariamente stratosferico visto che penso che la mia compagnia sia un unicorno, e poi chi lo sa magari iniziare con un’altra startup o magari ritirarmi in pensione. Molti dei progetti che ho visto hanno quest’obiettivo; poche persone pensano davvero che la compagnia che stanno lanciando, la nuova startup sia realmente un unicorno e di conseguenza che gli unicorni non vadano mai ceduti venduti o in qualche modo alienati: gli unicorni vanno tenuti stretti stretti perché sono pochi e possono portarti a una vita futura molto al di là della tua immaginazione più sfrenata, molto interessante piena di grandissime novità, piena di grande grande fortuna.
Quindi quanti (futuri) imprenditori che stanno costruendo una startup credono realmente di avere un unicorno?
Ascoltando Montemagno l’estate scorsa in un ciclo di lezioni per la Tv online di Repubblica, serie “Officina del futuro” dedicato ai grandi imprenditori, episodio 8: Mark Zuckerberg, “Osare sempre, per essere davanti a tutti” [1’40”] (https://video.repubblica.it/rubriche/officina-futuro/8-mark-zuckerberg-osare-sempre-per-essere-davanti-a-tutti/281009/281592) racconta di una prima offerta fatta a Facebook quando era ancora poco più di una startup: un miliardo di dollari. Tutti gli azionisti volevano vendere e nella seduta del consiglio di amministrazione che si tenne arrivo per ultimo Zuckerberg il quale si sedette al posto di comando e disse “Ragazzi ovviamente non vendiamo. Qual è il prossimo punto all’ordine del giorno?”.
Zuckerberg aveva avuto una visione aveva creduto fortissimamente nella sua compagnia perché vi posso garantire che un miliardo di dollari è una cifra gigantesca e molto più di quanto il 99,5% della popolazione mondiale avrà mai guadagnato in una intera vita di sacrifici e di lavoro (fonte Credit Suisse Research Institute’s Global Wealth Report 2017); sono cifre grandi cifre che hanno un peso significativo nella vita di una di una persona quindi Zuckerberg credeva fortemente nel suo nel suo progetto e diceva agli azionisti “crescere crescere crescere”. Bisognava crescere ed effettivamente facendo del facile dietrismo aveva ragione.
D’altro canto per quanti consigli di amministrazione ci sono stati dove sono arrivate offerte di centinaia di milioni di dollari o anche di pochi milioni di dollari o anche più di un miliardo di dollari e qualcuno si è seduto a capotavola come il buon Mark, ha battuto il pugno sul tavolo e ha detto “No ragazzi non vendiamo di queste non se ne parla” e delle loro aziende ora non resta che la memoria e il rimpianto di una grande occasione persa. Centinaia se non migliaia.
Hanno avuto la loro occasione d’oro ma la compagnia non era un unicorno ma era un mulo che si presentava da unicorno in cui qualcun altro aveva creduto, in cui il presidente, il fondatore, il “chi era al comando” aveva creduto ma che poi sono morte nell’arco di pochi anni: dati alla mano è dimostrato che tra le compagnie anche che momentaneamente sembrano avere un gran un grosso valore La maggior parte chiude nell’arco dei primi 5 anni oltre il 90% delle startup riesce a chiudere, purtroppo spesso malamente, quindi bisogna essere certi quando si trova al bivio di cavalcare un unicorno oppure di essere più ragionevoli e comunque consapevoli del proprio valore e dire “Va bene è arrivato il mio momento, la mia compagnia mi piace, ma guardando in faccia le cose forse è il caso di vendere”.
Per molte compagnie questo momento non arriverà mai e nessuno farà un’offerta interessante per vendere e alcune riusciranno a sopravvivere a crescere e magari a diventare davvero un unicorno ma la maggior parte sarà destinata alla chiusura. Quindi cosa spinge tutti quanti questi giovani a cercare un futuro nuovo, un qualcosa di diverso da tutti gli altri e vogliono diventare un imprenditore, anzi imprenditori di se stessi? Credo dietro questo ci sia una grande autostima unita a una forza di volontà non comune e a grande conoscenza delle proprie capacità ma ci sia dietro anche un pizzico di idealismo e quel tocco di ingenuità che ci permette ancora di sognare e cavalcare gli unicorni.
Invece è sempre crescente l’idea che una startup possa essere la panacea e renda magicamente possibile ”fare tanti soldi in fretta” perché è vero, i giornali e i siti online sono pieni delle storie di decine di compagnie che si arricchiscono e guadagnano fama e rapidamente vengono acquisite per grandi importi, ma poche compagnie riescono a fare molti soldi in fretta una stragrande finisce a erodere le ricchezze di chi l’ha fondata fino a portarlo alla bancarotta cioè al fallimento completo della propria idea. Di queste solo in pochissimi casi se ne parla in rete, la stragrande maggioranza si spendono nell’anonimato più completo. Le circostanze a contorno che portano a questo sono tantissime, specie in Italia la situazione è disastrosa: è disastrosa situazione economica, è difficile trovare un lavoro, è difficile ancora di più far partire una compagnia quindi l’idea, può sembrare un controsenso rispetto a quanto ho appena detto, è la necessità e l’idealismo a portare così tanti giovani a fondare una startup e sembra essere l’unica via di fuga e una buona idea nel momento giusto perché il mondo e il mercato intorno a noi si sta evolvendo e rivoluzionando a velocità elevatissima. Purtroppo questo fenomeno tocca solo marginalmente l’Italia, dove vediamo che i finanziamenti di ventures capitalism sono tra i più bassi in Europa.
Questo genera un nuovo fenomeno, dopo la fuga dei cervelli ecco la fuga delle startup: si cercano finanziamenti all’estero principalmente in Inghilterra e comunque in Europa e con qualche tentativo di andare in America dove la nuova America si chiama New York perché anche la Silicon Valley pian piano si sta rallentando; e non dimentichiamo che dall’est c’è la Cina: un mondo completamente nuovo, un continente nuovo, un pianeta nuovo, qualche cosa che temiamo e che desideriamo.
La domanda che ci dobbiamo sempre porre è: “credo di avere un unicorno, sono sicuro di avere un unicorno, sono pronto a scommettere il mio futuro sul mio unicorno?”.
Tutti i venture capitalist e anche i pochissimi chissimi Angel vogliono vedere il vostro impegno e i nostri soldi investiti prima di metterci i loro soldi nella nostra idea.
Una delle domande che spesso cotituisce lo sbarramento allo sviluppo delle startup è “Ma tu quanto ci hai investito in questo progetto? Tu hai l’idea e, certo, è bello avere un’idea è bello avere un piano di sviluppo, è bello avere una bellissima bord con persone di esperienza e qualifica, ma quanto hai realmente investito di tasca tua? O vuoi che la tua compagnia venga fatta solo con i miei soldi?”
Ammesso quindi che tu abbia le risorse per dare vita alla tua startup, sappi che le probabilità sono contro di te, e che le condizioni a contorno spesso rendono impossibile il decollo della tua compagnia quindi la domanda ritorna: “sto cavalcando un unicorno oppure un mulo?”.
Bibliografia e fonti:
Wikipedia: unicorn
https://en.wikipedia.org/wiki/Unicorn_(finance)
“Officina del futuro”, episodio 8: Mark Zuckerberg, “Osare sempre, per essere davanti a tutti” (https://video.repubblica.it/rubriche/officina-futuro/8-mark-zuckerberg-osare-sempre-per-essere-davanti-a-tutti/281009/281592)
Credit Suisse Research Institute’s Global Wealth Report 2017
http://publications.credit-suisse.com/index.cfm/publikationen-shop/research-institute/global-wealth-report-2017-en/
GEM 2015 / 2016 GLOBAL REPORT
http://www.gemconsortium.org/report/49480
Forbes, Five Reasons 8 Out Of 10 Businesses Fail
https://www.forbes.com/sites/ericwagner/2013/09/12/five-reasons-8-out-of-10-businesses-fail
Success Harbor
https://www.successharbor.com/why-some-businesses-fail-while-others-succeed-02132015/
Failory.com
The Ultimate Startup Failure Rate Infographic [2018]
https://www.failory.com/blog/startup-failure-rate
Silvio de Pecher
Professione: Antidisciplinare per eccellenza… Giornalista/Fotografo/Imprenditore/Consulente/Maker
Nato a Roma nel 1963 è Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti del Lazio dal 1993
Esperienze professionali:
1994 Progetto Antartide. Collaborazione, per incarico di Sergio Pillon, nella valutazione delle possibilità di partecipare alla fase “Beta testing” del software della Microsoft Italia
1994 (co)Fondatore Italia OnLine S.p.A. con Sergio Mello-Grand, Marco Ottolini e Giovanni Maruzzelli.
1995 – 2006 Gruppo Editoriale Jackson S.r.l. (poi VNU Business Press) – Cinisello Balsamo (Milano). Consulenza e collaborazione per la rivista “BIT”. Da luglio 1996 in poi: direttore tecnico della stessa. Collaborazione per le riviste:- “Micro & Soft”- “PC Dealer” (rubrica – recensione e valutazione di siti Internet)- “PC Magazine”- “Network News”
1997 Fonda insieme a Guido Ceccarelli e Valerio Salvi l’associazione per la diffusione del gioco da tavola “intelligente”: “la Tana dei Goblin“
1999 Erogazione su Internet per conto di RockOnLine Italia del Monza Rock Festival
1999 Realizzazione per conto ITNet/Vaticano/RealNetworks dell’erogazione su Internet della cerimonia dell’apertura della Porta Santa il 24 dicembre
2000 – 2005 Corrispondente estero per il gruppo VNU dagli Stati Uniti
2000 – 2009 Gestione del sito www.dagospia.com
2004 – 2006 Professore Università di Camerino – master universitario di 2° livello in e-health
2005 – 2006 Gestione completa di 4 numeri della rivista Trucchi per conto di VNU
2010 – 2014 Fonda con Stefano Corso, Rina Ciampolillo e Luciano Usai “Associazione di Arti Fotografiche 42mm”
2014 – Sviluppo sistemi integrati su piattaforme microcontrollori e microcomputer Arduino e Raspberry PI
2015 Deposita un brevetto riguardo metodo per la misurazione del valore residuale degli oggetti
2015 – Inizia una nuova attività con il gruppo di fotografi “Camera 42“
2015 – Sviluppo sistema integrato su Raspberry PI per streaming in tempo reale full HD su YouTube
2015 – Inizia una collaborazione con Rome Central
Oltre 800 articoli pubblicati sulle riviste e giornali: BIT, PC Magazine, Network News, PC Floppy, PC Dealer, CRN, Micro&Soft, Display, Informatizzarsi, Multimedia PC, Multipurpose PC, Il Giornale, ONLine Magazine, Hacker Journal, CRN, Trucchi PC, Computeridea, Liberazione.